Skip to main content

LUCAS MEMMOLA

Bari 1994

Vive e lavora a Napoli

Lucas Memmola ha frequentato l’Accademia di Belle Arti ma la sua pratica artistica si consolida al di fuori del contesto formativo istituzionale. La sua ricerca procede dall’indagine sui sistemi iconografici che attraversano la storia dell’arte, del sacro o del mito e che, in virtù dei valori di cui sono portatori, riescono a trasformarsi in testimonianze materiali di vissuti personali e collettivi. L’artista sposta i significati simbolici in forme comuni che rimandano all’innesto di materiali dissimili, viceversa all’innesco di processi vitali. Interessato alle strutture che regolano le scienze biologiche e l’evoluzione degli organismi, Memmola si muove nel suo studio come fosse un ricercatore in un laboratorio e, al contempo, come un raccoglitore, un conservatore, un archivista. Lavori come Simun (2019) – una piccola icona a trittico in legno carbonizzato con il retro in foglia d’oro, che riesce a emanare una luce simbolica – e come Altare cristallino (2019) – una mensola in quarzo e una candela accesa che collegano la simbologia dell’altare alle funzioni delle caverne nella preistoria – rappresentano appunti visivi nei quali Memmola sfrutta l’energia latente dei materiali naturali per restituire stati esistenziali nei quali riconoscersi.

I suoi lavori sono presentati come interventi site specific che puntellano o investono lo spazio espositivo, definendo un percorso narrativo che si dà nell’attraversamento degli ambienti. Un esempio di tale metodologia è rappresentato dalla mostra Vocabolum – Ultrasegno vol.1, realizzata nel 2021 negli spazi di Palazzo Fruscione a Salerno, in cui Memmola dispone una serie di elementi d’arredo, letti e mobili in plastica, messi in connessione, fisica e metaforica, con elementi naturali dalla simbologia alchemica come il sale, il fuoco e il quarzo. In questo modo, ricostruisce un ambiente domestico dalle forme scarne e radicali, attingendo anche a una memoria familiare, creando il cortocircuito di un tempo in bilico fra passato e futuro. Una condizione temporale sospesa a cui corrisponde un’esistenza interrotta è la narrazione che Memmola propone per la sua ultima mostra personale dal titolo Trinity Site, a cura di Fabio Avella e Lara Gaeta, realizzata negli spazi milanesi della galleria aA29. Anche in questo caso, l’artista concepisce un percorso visivo che si sviluppa nella sequenzialità delle stanze e dove si alternano installazioni ambientali, video e oggetti. In questo progetto, l’artista restituisce al fruitore la sensazione di trovarsi in un bunker sotterraneo attraverso la tamponatura con la sabbia di tutte le finestre della galleria. Gli elementi presenti nei vari ambienti suggeriscono di essere all’interno di un nascondiglio, evocando la presenza di un individuo sopravvissuto alla fine del mondo. Calchi in carbone di cibi in scatola descrivono una dispensa fatta di beni di prima necessità, mentre una serie di objets trouvés ordinatamente disposti su un tavolo retroilluminato sono i testimoni e le memorie di un’esistenza perduta.

La produzione di Lucas Memmola, unitamente alle occasioni espositive, è ancora esigua; ciò è di fatto dovuto alla sua giovane età e a processi di studio e formazione ancora attivi. Una ricerca vivace, che si sposa alla realizzazione di progetti che nel tempo hanno acquisito sempre maggiore risolutezza, sia sotto l’aspetto formale sia da un punto di vista contenutistico. Tale consapevolezza è possibile riscontrarla nei progetti installativi di più ampio respiro e nelle opere singole che, pur nel piccolo formato, riescono a coagularsi intorno a buone forme espressive.

Lucas Memmola ha inoltre realizzato, in veste di organizzatore e curatore, alcuni piccoli ma efficaci progetti espositivi fra Napoli e Milano, soprattutto durante il periodo del lockdown, grazie ai quali ha creato reti collaborative con altri giovani artisti. Tale attività lo collega a una pratica, quella curatoriale, alla quale sempre più spesso fanno riferimento gli artisti di diverse generazioni, italiani e non solo.


Claudio Russo

Claudio Russo

"La bellezza salverà il mondo" (Fëdor Dostoevskij)